Una chiave magica
di Aurin Proietti
Storicamente il teatro è una delle prime forme di cura dell’anima (se non la prima in assoluto) e la stessa psicologia con le sue svariate forme di psicoterapia sono state immensamente influenzate da quest’arte, prime fra tutte lo Psicodramma di Moreno e la Gestalt Therapy di Perls. Di fatto personalmente credo fermamente nel teatro in quanto epicentro e ventre di tutte le forme artistiche, filosofiche, religiose e psicologiche presenti a questo mondo. Di conseguenza nella mia visione di quest’arte risiede la chiave in grado di aprire qualsiasi porta.
Se consideriamo il teatro in quanto sinonimo di vita, capiremo che solo attraverso la vita stessa potremmo trovare le chiavi magiche per migliorare la società, risolvere le nostre problematiche, realizzarci in quanto individui liberi da ogni condizionamento, ed essere il cambiamento che desideriamo per questo mondo. Essendo cresciuta in una famiglia di artisti, terapeuti e ricercatori spirituali, fin dalla tenera età sono stata immersa in questi ambienti, rimanendone affascinata e profondamente attratta, iniziando a praticare diverse attività fin da molto piccola. Ma solo quando iniziai a studiare il metodo Stanislavskij capii che vi era una forte sincronicità ed un grande filo conduttore tra questi tre ambiti, e che alla base di tutto risiedeva il teatro, diventato a tutti gli effetti mio conduttore di vita.
Konstantin Stanislavskij a mio avviso è stato il più grande rivoluzionario, maestro e innovatore nell’ambito dell’arte dell’attore. Il vero incontro tra teatro e psicologia è avvenuto intorno agli anni 50/60 grazie soprattutto a tutte le ricerche avvenute da maestri come Stanislavskij, Artaud, Grotowski, Barba e Peter Brook, che attraverso la nascita di laboratori teatrali e un nuovo training per l’attore misero luce sul potere innovativo di quest’arte.
La ricerca e la sperimentazione che ho condotto nel corso della mia vita come essere umano e artista, partendo innanzitutto dal teatro ritualistico, dalla danza, dalla meditazione, per poi approdare allo studio teatrale e cinematografico, all’unisono con quello nell’ambito delle terapie olistiche, mi ha condotta alla creazione del mio personale metodo creativo di ricerca e trasformazione: Efilsitra.Art.is.Life.® (www.efilsitra.com).
Nel contesto di ciò che rappresenta Efilsitra®, troviamo fondamentalmente progetti di evoluzione, crescita e sperimentazione che si articolano in produzioni teatrali e cinematografiche, workshop e seminari, coaching individuale, progetti nel sociale ed infine il perno focale del lavoro all’interno dei laboratori proposti, primo tra tutti il pilastro portante: Il Laboratorio Teatrale. Un vero e proprio percorso di trasformazione che avviene attraverso un minuzioso, giocoso e profondo lavoro su di sé.
Il lavoro prende ispirazione dalle più importanti ricerche e scoperte avvenute nell’ambito artistico e terapeutico negli ultimi 150 anni, collegandosi sinergicamente con lo spirito del teatro antico ed antropologico ancora tutt’oggi presente in alcune culture primordiali. All’interno di questo entusiasmante lavoro troviamo la radice di molte tecniche di Stanislavskij, Grotowski, Meisner, Batson, Strasberg, Brook, così come Lowen, Osho, Gurdjieff, Jung, Freud, Hellinger, Jodorowsky, con evoluzioni di sistemi propri dell’arteterapia (con focus sulla teatroterapia, danzaterapia, musicoterapia), cromoterapia, l’arte dello zen, sciamanesimo, PNL, encounter ecc.
Ma la sperimentazione parte innanzitutto dalla mia personale esperienza e comprensione di queste tecniche per poi elaborarle in qualcosa di sensazionalmente innovativo e creativo, riuscendo a ottenere dei grandissimi e più che soddisfacenti risultati. L’apertura del mio personale canale intuitivo e percettivo è lo strumento principale con il quale mi muovo, oriento e creo, riuscendo a costruire un rapporto e processo di lavoro individuale all’interno di un gruppo per ciascuno dei partecipanti.
Credo immensamente che l’applicazione del teatro nei contesti sociali, pedagogici e terapeutici, può portare un enorme contributo, soprattutto nell’era in cui viviamo. Di fatto da svariati anni principalmente in America, esistono metodologie di drammaterapia, teatroterapia, teatro sociale ed anche, e non per ultima di cinematerapia, ma solo di recente hanno acquistato identità come discipline di studio e formazione. I risultati di molteplici ricerche hanno affermato che il training teatrale dovrebbe essere assunto come percorso di trasformazione e di ridefinizione della corporeità, dell’identità, delle relazioni, dei contesti stessi, poiché il training teatrale come affermava lo stesso Grotowski, può essere una efficacia via di trasformazione, in quanto un vero e proprio veicolo.
Artaud vedeva il teatro come luogo in cui dare senso ad un disagio o ad una sofferenza esistenziale, in quanto la scena offre l’opportunità di “rinascere” ed essere “altro”, ricomponendo ed elaborando quei dualismi che nella vita di tutti i giorni entrano in conflitto. Lo scopo è una vera e propria rifondazione antropologica dell’uomo. Il teatro di ricerca ha fatto sua questa visione, caratterizzandosi come luogo sacro di sperimentazione, creando un progetto di ricostruzione culturale della società, dell’atto performativo e con esso dell’esperienza di sé, sia dell’attore che dello spettatore, come anche afferma lo stesso Peter Brook, per il quale l’atto teatrale è un modo per rinnovarsi, purificarsi sia per l’attore che per il pubblico.
Ogni nostro disturbo fisico proviene da un nostro disturbo emozionale, mentale e psicologico. Qualcosa di non risolto ed ingabbiato dentro di noi, pattern acquisiti dall’ambiente e famiglia in cui si è cresciuti, nodi karmici, traumi infantili ecc. I nostri muscoli e cellule contengono memorie emotive ed ancestrali che non si sbloccheranno a meno che non andremo a lavorarci e questo può avvenire solo mandandogli le giuste informazioni e lasciandogli una libera espressione. Anche il lavoro sulla concentrazione, l’ascolto e l’attenzione, sull’osservazione, lo stato di coscienza e l’immaginazione genera organicamente una “nuova mente”.
Di fatto tutto ciò che facciamo nel laboratorio porta all’emersione di fenomeni inconsci ed antichi, di conseguenza al loro cambiamento, alla riscrittura di attitudini e reazioni abituali, come fosse una sorta di rituale sacro in cui ci disfiamo del vecchio per aprirci al nuovo. Tutti coloro che vi partecipano condividono un progetto di cambiamento e contribuiscono ad essere dei co-creatori attivi dell’evoluzione culturale e spirituale di questa umanità.
Nel laboratorio teatrale Efilsitra® entriamo in uno spazio/tempo sacro, diverso da quello della quotidianità e ci diamo il permesso di essere ciò che percepiamo e sentiamo, liberi da ogni schema prefissato. In questo modo si ha una sospensione della vita quotidiana a favore di una esplorazione-creazione di modalità diverse di pensare, provare, agire ed interagire per arrivare alla trasformazione degli schemi interpersonali che portano l’evoluzione di questo nuovo modo di interazione anche fuori dal laboratorio, poiché incorporato nel proprio sé ed inconscio. Un altro aspetto fondamentale è quello della “performance” o “spettacolo” dove avviene un atto magico di scambio energetico tra l’attore/partecipante e spettatore).
Solo se chi è in scena riesce ad essere “vero”, lo spettatore potrà essere emotivamente coinvolto a tal punto da modificare il suo stato di coscienza e portarlo ad una auto-trasformazione. Proprio per questo motivo credo che il mestiere dell’attore, se fatto bene, in realtà sia un lavoro fatto innanzitutto di generosità e voglia di mettersi continuamente in gioco eliminando sempre di più le proprie resistenze psico-fisiche in se stessi e nello spettatore. Inoltre la creazione ed interpretazione di un personaggio in scena permette di catartizzare delle parti di sé non quotidiane che ci si rifiuta di conoscere in prima persona, ma che possono essere vissute attraverso la dimensione sicura del “ruolo” che consente di sospendere temporaneamente le conseguenze delle proprie azioni pur consentendo di ascoltare i vissuti che il “rappresentare” può generare, ottenendo così delle intuizioni e risposte alle proprie domande interiori.
Ciò genera una personalità più sicura e forte capace di intraprendere scelte, avere più fiducia ed affrontare coraggiosamente le sfide che la vita ci presenta. L’aspetto catartico e curativo del teatro viene proposto già nell’antichità dallo stesso Aristotele, il quale afferma che il fine della tragedia è proprio la catarsi e che gli spettatori, identificandosi negli attori che interpretano vicende terribili, si purificano da quei sentimenti che anche loro provano, ed al termine dello spettacolo possono tornare alle loro occupazioni di tranquilli cittadini.
Ritengo vivamente che il potere trasformativo e rivoluzionario dell’arte sia capace di miracoli interni e collettivi. Un percorso creativo che se venisse utilizzato fin dalla tenera età, nell’ambito dell’educazione scolastica, ci porterebbe certamente a gioire di una società maggiormente consapevole, capace di grandi ed innovative azioni di cambiamento.