Osho – “Perché Dio ha creato questo mondo?”
Per prima cosa, sarai sorpreso di sapere che Dio non ha mai creato questo mondo. Esso è la tua creazione.
Questo mondo orrendo non esisterebbe se Dio avesse fatto di te uno schiavo, un robot, una macchina. In quel caso, saremmo tutti dei Buddha, ma dei Buddha senza valore. Se un Buddha non può essere un Adolf Hitler, se non esistesse questa possibilità, il Buddha sarebbe solo una statua senza senso. Se sei costretto a essere buono, senza la libertà di essere cattivo, che senso ha la bontà? Se Dio non ti avesse reso libero, il mondo sarebbe buono. Se ti avesse costretto a essere una ripetizione meccanica, un disco registrato, tutti staremmo pronunciando un Sermone della montagna o scrivendo la Bhagavad Gita; ma un disco registrato è un disco registrato.
Dio ti ha creato in quanto libertà. Naturalmente, nella libertà, è implicito l’opposto.
Puoi fare il bene o il male, a seconda della tua scelta. Dio ha donato a tutti libertà di scelta. Questo è il tormento e l’estasi dell’uomo. L’estasi, perché l’uomo è libero.
Non riesci a vederlo? Un albero non è libero; un cespuglio di rose è un cespuglio di rose: tutto ciò che gli accade è già predestinato. Il cespuglio di rose non è libero: se decide di non fare rose, non può farci nulla; le rose arriveranno ugualmente. Se decide di cambiare il colore delle rose, è impotente: le rose resteranno dello stesso colore di prima. Se decide di diventare una pianta di loto, non può farlo: il cespuglio di rose resterà tale. Il suo destino è di essere un cespuglio di rose: è bellissimo, ma non è libero. Ecco perché dico: nulla può essere paragonato alla bellezza dell’uomo, nemmeno le rose. Infatti, una rosa è condannata a essere una rosa. Non ha scelte, non può andare fuori strada: dev’essere una santa! È costretta a essere Gesù, non può essere un Giuda; per questo, un cespuglio di rose è solo un cespuglio di rose: bello da guardare, ma nulla in confronto alla bellezza degli esseri umani.
La bellezza nasce perché una persona può essere un Gesù o un Giuda; ognuno può scegliere tra queste due possibilità: Gesù o Giuda. Tutti sono totalmente liberi, e le scelte possibili sono tantissime. L’uomo è un arcobaleno, composto da tutti i colori. Egli non è predestinato.
Ecco perché, usando la nostra libertà, abbiamo creato questo mondo; la responsabilità è nostra. Se vuoi diventare un Buddha, puoi farlo; nessuno può costringerti a diventare un Gengis Khan, la scelta è nelle tue mani. Dio non ti sta trascinando da nessuna parte. Egli ti ha dato corda a sufficienza. .. Puoi andare fuori strada, ma puoi anche tornare indietro. Questo mondo esiste grazie alla possibilità di perdersi… È possibile imprimere al mondo un cambiamento radicale; una volta trasformata la nostra consapevolezza, questo mondo può essere totalmente diverso.
Tu chiedi: Perché Dio ha creato questo mondo?
Prima di tutto, non l’ha creato lui; lui ha creato te, ha generato la libertà umana…
E bisognerebbe essere grati per questa libertà; altrimenti, se fossi costretto a diventare un Gesù, saresti un automa privo di significato, senza poesia. Poiché hai la possibilità di mancare il bersaglio… La parola inglese sin, peccato, è molto significativa. La sua radice vuoI dire: mancare il bersaglio. Sin deriva da missing, mancare, peccare: puoi mancare il bersaglio, dipende da te.
Peccare, to sin, è mancare il bersaglio, andare fuori strada. E Dio non te lo impedirà: il suo amore è così infinito che ti amerà anche se vai fuori strada. Egli ama i peccatori tanto quanto i santi. E se ascolti Gesù, ti dirà che Dio ama i peccatori ancora di più, perché hanno più bisogno d’amore.
Non ci hai fatto caso? Una madre si prende più cura di un bambino malato che di uno sano. È comprensibile, è naturale. Il bambino sano è sano, la madre non ha bisogno di stargli dietro; viceversa, quello malato è malato: la madre si siede accanto a lui, massaggia il suo bambino, lo accudisce in modo speciale. Gesù dice che Dio si preoccupa più dei peccatori, di coloro che hanno mancato il bersaglio: riversa la sua misericordia su di loro.
Questo mondo è il nostro peccato, il nostro essere andati fuori strada. Non ha nulla a che fare con Dio.
La seconda cosa: Perché Dio ha creato questo mondo?
In ambito cristiano, ebraico e musulmano esiste una concezione molto sbagliata su Dio, come se fosse separato dalla sua creazione, come se un giorno avesse creato il mondo e poi se ne fosse dimenticato: Dio sembra praticamente un pittore che ha finito il quadro e ora ne è separato. No, la comprensione dell’Oriente è migliore. L’Oriente dice: Dio non è separato dalla sua creazione; il creatore non è separato da ciò che crea. Vi è coinvolto, è in essa, è la creazione. Il creatore è la creazione. Ecco perché ripeto continuamente: non chiamare Dio il creatore, ma creatività. Dio è una creatività dinamica.
Il creatore è un’idea morta: dà l’idea che un giorno abbia smesso di creare.
Per questo, i cristiani pensano: Dio ha creato il mondo in sei giorni e al settimo ha riposato. Tutto finito in soli sei giorni? E cosa ha fatto da allora? Dev’essersi stancato molto se non fa più nulla; si sarà stufato. Dev’essere annoiato: abbi pietà di lui.
Egli non ha ancora finito. La creazione non è mai terminata: è un processo continuo. La creazione non è mai completa, Dio continua a creare. Non ha finito. Se avesse terminato, sarebbe la fine. Sta ancora creando, amando, dipingendo, scolpendo… Dio spera ancora.
Rabindranath ha detto: «Ogni volta che vedo nascere un bambino, alzo gli occhi al cielo e dico: “Dio spera ancora”».
Un nuovo bambino è una speranza. Naturalmente, Dio ha fallito con la vecchia generazione, quindi ne crea un’altra. Dice: «Stiamo a vedere, forse questa volta andrà meglio». Il suo ottimismo è infinito. È come un poeta che scrive nuove poesie tutti i giorni. Ogni giorno prova un po’ di scontento e un po’ di soddisfazione… È soddisfatto perché tramite la poesia ha catturato qualcosa, un raggio di luce. .. Però manca ancora qualcosa. Domattina ci riproverà ancora.
Rabindranath ha scritto seimila poesie, e sul letto di morte un amico gli disse: «Puoi morire sereno e profondamente appagato, perché sei il più grande di tutti i poeti». Rabindranath apri gli occhi e disse: «Non dire sciocchezze! In questo momento sto dicendo a Dio: “Cosa stai facendo? Per anni ho fatto sforzi continui, ho tentato di scrivere la poesia che avevo in mente, senza mai riuscirci… Molte cose sono successe, ma non sono soddisfatto. E proprio ora che mi sto avvicinando a quella poesia, tu mi porti via? Ormai ero prossimo, sento che è proprio dietro l’angolo… sto per dare vita alla poesia nascosta dietro tutti i miei tentativi. Le mie seimila poesie sono i miei seimila fallimenti… chissà, la prossima potrebbe essere quella buona. E tu mi porti via proprio adesso? Cosa stai facendo? Ci ho provato tutta la vita, e tu mi trascini via ora che l’intensità sta aumentando, adesso che sto arrivando al culmine?”».
Dio non è ancora finito: egli spera ancora. Per questo, anche noi possiamo sperare; nella sua speranza è riposta anche la nostra. Il suo fallimento non è completo. E’ senza vita l’idea di un creatore che ha operato nel passato…
I teologi cristiani sono così sciocchi che hanno persino stabilito la data, l’anno: quattromila e quattro anni prima di Cristo, Dio ha creato il mondo. Naturalmente, era di lunedì. Ovviamente, alle sei del mattino, quando cominci la Meditazione Dinamica; a quell’ora diede il via a tutto questo dinamismo. Al mattino presto, alle sei… deve aver messo la sveglia! Che stupidaggini.
La creazione è eterna: è sempre esistita e sempre esisterà, perché Dio è la crèazione. Dio è creatività.
Per questo, non definisco mai Dio un pittore, ma un danzatore. Quando il quadro è finito, il pittore e il quadro diventano due cose separate. Nella danza è totalmente diverso; la danza è il fenomeno più spirituale, perché la danza e il danzatore sono una cosa sola: non puoi separarli, non esiste la dualità. C’è solo un’unione profondissima: il danzatore è la danza, la danza è il danzatore; se elimini la danza, il danzatore non è più tale. Se il danzatore si ferma, si arresta anche la danza: non sono due cose separate. Dio è coinvolto nel suo mondo come un danzatore nella sua danza. Per questo ti dico di onorare il mondo, di non condannarlo mai; Dio è dentro di esso, è presente ovunque.
Kabir lo ripete spesso: sii colmo di meraviglia, di stupore, di venerazione, perché egli è ancora all’opera ovunque. Puoi coglierlo mentre sta dipingendo, scolpendo, danzando. Dio non è qualcosa accaduto in passato, sta accadendo in questo stesso istante: sta parlando attraverso
di me, sta ascoltando attraverso di te. La creazione prosegue ancorai non arriva mai a una fine, è un viaggio infinito. Di fatto, l’esistenza non ha scopo. È un puro viaggio. Il viaggio in sé è meraviglioso: perché preoccuparsi dello scopo?
Santa Teresa ha detto: «Il paradiso è l’intero percorso che conduce al paradiso. Dio non ha forse detto: “lo sono la via”?». Che affermazione splendida, di incredibile rilevanza: «Il paradiso è l’intero percorso che conduce al paradiso». Non aspettare il paradiso in quanto meta: «Il paradiso è l’intero percorso che conduce al paradiso. Dio non è forse Dio ora, non allora; Dio è in te, in me, ovunque. Solo Dio è.
Quindi, non puoi chiedere: Perché Dio ha creato il mondo? Non l’ha mai creato, lo sta tuttora creando, e se davvero vuoi sapere perché chiedilo agli artisti. Non rivolgerti ai teologi, ai filosofi e ai pandit, interroga gli artisti. Va’ da un Van Gogh mentre sta dipingendo e chiedigli perché sta dipingendo; va’ da un ballerino, prendilo per mano e chiedigli: «Perché stai danzando?»; va’ da un cantante e chiedigli «Perché stai cantando?». Allora saprai la risposta.
II pittore si stringerà nelle spalle e dirà: «Cos’ altro posso fare? Amo dipingere. Perché? Non c’è perché. Mi piace dipingere. Sono fatto cosi. È l’unico modo in cui mi sento felice ed estatico, il motivo è questo. Non ne esistono altri». Chiedi a un ballerino: «Perché danzi?», ti risponderà: «Cos’ altro si può fare? Si vive per danzare». Oppure, chiedi a un innamorato perché ama. Hai mai amato qualcuno? Se qualcuno ti chiedesse perché ami cosa risponderesti? Avresti davvero una risposta? Dirai: «Perché? Non c’è perché. Amando mi sento al massimo, tocco il cielo con un dito. È cosi che mi sento fiorire, è questa la via attraverso la quale l’estasi mi accade».
Ebbene, l’estasi è al di là delle domande. Se sei felice, sei felice; nessuno ti chiede perché. Certo, se sei infelice, la domanda ha senso. Se sei infelice, qualcuno può chiederti perché lo sei, e la domanda ha senso, perché l’infelicità è contro natura, vuol dire che qualcosa sta andando stotto. Quando sei felice, nessuno ti chiede perché, eccezion fatta per pochi nevrotici. Persone del genere esistono, non posso negarlo.
Ho sentito di un paziente… II suo psichiatra, benché ricevesse molti soldi da lui, non ne poteva più. Tre, quattro, cinque anni di psicoanalisi, e quelI’uomo non cambiava mai, ripeteva sempre le stesse cose. A un certo punto, lo psichiatra disse: «Fa’ una cosa: va’ in montagna per qualche giorno. Ti aiuterà moltissimo». II paziente andò in montagna e… Indovina un po’? Il giorno dopo allo psichiatra arrivò un suo telegramma che diceva: «Sono felicissimo. Perché?». Sono felicissimo… perché? Vuole una spiegazione! No, la felicità non ha bisogno di spiegazioni. La felicità è la spiegazione di se stessa.
Dio sta creando perché questo è l’unico modo in cui può essere felice, è l’unico modo in cui ama, in cui canta… È il suo solo modo di essere. La creazione è la sua natura essenziale. Non occorre alcun perché.