Luigi De Marchi
Ho sentito qualcuno parlare con ironica indulgenza di questo nuovo Re Nudo, considerandolo un patetico tentativo di resuscitare una stagione meravigliosa ma irripetibile, come la giovinezza. Per parte mia, al contrario, credo che nell’iniziativa sia implicita una sfida molto più grande e stimolante di quella che fu lanciata dal primo Re Nudo.
Ai tempi del primo Re Nudo imperava su tutto e su tutti, e, per colmo d’ironia, specialmente sui giovani, il conformismo dell’anticonformismo e chi non cantava in coro, magari in qualche coretto del controcanto codificato, veniva prontamente diffamato e emarginato, come ho potuto e dovuto sperimentare sulla mia pelle.
Oggi, viceversa, almeno tra chi non si riconosce nel nuovo (si fa per dire) establishment della Seconda Repubblica mi sembra di percepire una disponibilità e una voglia sincera di ripensare e ridiscutere tutto: di denudare non solo i vecchi e i nuovi Re, ma anche i vecchi e i nuovi Papi, e soprattutto di denudare i denudatori, cioè in primo luogo noi stessi. E allora sì che la sfida si fa esaltante, perché si tratta di espandere la ricerca a 360 gradi intorno a noi e di sprofondare la sonda negli abissi della nostra psiche. Certo non potrà essere una ricerca sistematica, proprio perché il suo ambito è così sconfinato e per le poche pagine in cui dovremo comprimerla. Ma dovrà e potrà essere una ricerca senza preclusioni, senza stanze chiuse, senza territori proibiti.
Re Nudo N. 1, Ottobre 1996