La morte di un maestro tibetano in Italia
L’esperienza diretta di Silvia Bianchi psicologa per l’Associazione Nazionale Tumori e psicoterapeuta di psicologia buddhista ed occidentale
di Silvia Bianchi
La morte di un Maestro Tibetano in Italia, del mio Maestro, dell’unica persona che conosco( è ancora in me anche se è morto qualche anno fà) che “è” ciò che insegna : amore,compassione, sforzo entusiastico, saggezza, vera empatia, gioia, costanza, lealtà, pazienza, concentrazione,umiltà,…non c’è una qualità di cui si parli nei testi antichi e moderni di Buddismo che lui non incarni. L’unica persona che con il passare degli anni e della conoscenza, mi sono accorta strada facendo, era molto di più di ciò che potevo riconoscere io all’inizio, anche solo immaginare, conosceva e riconosceva me e molto più a fondo di quanto io stessa possa anche solo intuire di me. Questa persona così eccezionale nell’essere veramente umana, un giorno, come tutti gli esseri umani, ha lasciato il corpo( è morto). Il suo corpo è stato bruciato davanti ai nostri occhi nel giardino dell’Istituto Lama Tzong Kapa dove aveva vissuto e insegnato per più di 25 anni, ed è rimasta cenere, al suo posto, e qualche osso che qualcuno di noi con guanti bianchi e mascherina ha tolto dal fondo del forno dove è stata cremato, qualche reliquia, e l’esperienza individuale che ognuno di noi ha fatto di lui. I suoi insegnamenti, la sua testimonianza.
Mentre si è accesso il fuoco, e il fumo rosso prima e grigio poi ha iniziato ad uscire dal forno di gesso costruito nella notte da alcuni dei suoi più vicini discepoli mentre tutti noi abbiamo preparato offerte di acqua e fiori realizzavo che ciò che stava bruciando erano proprio quelle forme che io avevo tanto amato, che per me avevano rappresentato tutto ciò che di buono in senso assoluto esiste nel mondo, le sue mani, i suoi occhi,il suo sorriso, tutto questo stava bruciando e mi chiedevo se è questo che intendeva il mio Maestro quando ci parlava di “non Se” della persona: “ Il Se” di Ghesce Ciampa Ghiatso (che chiamerò Ghesce La diminutivo onorifico usato dagli studenti). o cercavo nel contatto e relazione che avevo con lui. Lui che mi parlava, mi sorrideva, mi guardava in modo così amorevole, o mi prendeva le mani e me le metteva sul suo viso con tenerezza mentre diceva “no worries” ( “niente paure, preoccupazioni”…”esci dalla paura e fai questa cosa di cui mi stai parlando senza paura”) o lui che rideva con la sua risata squillante, gioiosa, amorevole, piena, che scioglieva qualsiasi problema e costruzione mentale… poi… dopo la sua morte il suo corpo era lì, non sentivo più il suono della sua voce, l’espressione dei suoi occhi, la morbidezza delle sue mani, la dolcezza e delicatezza dei suoi sentimenti, ma era lì e sembrava di essere immersi nella gioia e nella luce, in qualche modo di essere sostenuti dalla sua presenza.
L’ultima volta che l’ho visto il suo corpo, nella sua stanza poche ore prima della cremazione già preparato e vestito per essere messo nel forno, non lo trovavo nella stanza, sono uscita e ho detto che non c’era…poi qualcuno mi ha indicato quell’oggetto, dove di solito Gla sedeva, non ci potevo credere era piccolissimo…dentro una stoffa stretta (come nel rituale tibetano pronto per la cremazione).
Ora che anche il corpo stava bruciando, dove era Gla? Lì nel forno..almeno io guardavo lì…lo localizzavo lì … riconoscevo che ciò che stava bruciando era lui ( ma quale parte di lui? Il corpo? E la mente?). Mi chiedevo se era questo che intendeva quando ci diceva che la “persona”, il “se” è una imputazione (etichetta, nome) che mettiamo sul corpo e sulla mente di qualcuno (e questi ricordi che avevo di lui in quel momento? E queste domande sulla persona che mi aveva lasciato e ora erano in me in quel momento erano lui? Me? Entrambi? Qui mi perdevo e mi chiedevo se questo perdermi e non trovare più né me né lui avesse a che fare con quel vuoto di cui tanto lui parlava come natura ultima della realtà o semplicemente con la mia confusione di quel momento). E poi quando hanno tolto anche il forno, per un lungo tempo non è stato più in nessun luogo se non con me nei momenti più difficili.
Era con me un giorno, quando nella relazione intima con un mio compagno, che in quel momento usava le mie fragilità più grosse che mi avevano portato in fin di vita anni prima e che gli avevo confidato nei momenti di intimità (anche Achille aveva un tallone che lo rendeva mortale, figuriamoci se non io) contro di me, disconoscendo in modo giudicante e punitivo tutto di ciò che sentivo e dicevo inclusa la mia disperazione, il mio pianto, il mio continuare a scivolare (dentro e fuori: eravamo su un sentiero in salita in collina e io continuavo a scivolare e cadere rappresentando bene, senza volerlo, cosa mi stava succedendo dentro e cosa succedeva nella relazione con questa persona in quel momento), Gla era lì con me, dentro e fuori , mi ha aiutato a fermarmi, sedermi su un sasso e piangere da sola…lasciando andare avanti sul sentiero da solo il “ compagno”. Lì, seduta sul sasso, c’eravamo solo io, la natura, il fiore che guardavo con i miei occhi e “anima” quasi prendendo rifugio nel fiore e assorbendomi nella sua bellezza, diventando quel piccolo fiore di campo in quel momento e il ricordo (più che ricordo era un sentire vivo e presente) di Gheshe : la sua voce, il suo amore che mi diceva” tu sei il fiore più bello” mentre guardavo la margherita a un passo dal mio piede. Quella frase ripetuta in me, con il tono e la qualità di relazione di Gla, spazzava via come polvere al vento la disperazione, la mancanza di voglia di vivere, la sensazione di scivolare o precipitare in un burrone di cui non si vedeva la fine.
E’ stato con me Gla ed è ancora con me mentre scrivo, lo sento, lo vedo, costruisce la mia percezione di me e del mondo ora. Se guardo il mare che ho di fronte con il ricordo di lui, anche il mare diventa immensamente morbido, gioioso. Ogni onda, rumore, luce, colore diventa per me una esperienza di pace e trascendenza, sento i brividi, brividi teneri, morbidi, con un senso di leggerezza e pienezza, presenza forte e senso di perdersi nel piacere e nel tutto che solo i momenti di amore vero danno. E non mi stupisco che i testi suggeriscano la possibilità che l’illuminazione sia molto più intensa e piacevole di mille orgasmi assieme, con quel senso di perdita dell’io e sensazione assieme di essere tornati a casa e essersi ritrovati.
Mi permetto pochissime volte di percepire il mondo come se fosse Gla in modo così pieno…”l’insostenibile leggerezza dell’essere”: troppo intenso, piacevole, trascendente…poco contenibile come esperienza per me…prima, quando lui era in vita, la conteneva lui, comprendo ora che ne regolavo l’intensità avvicinandomi e allontanandomi da lui, affidando a lui il contenimento del tutto. Ora, è come avere un dono preziosissimo che non si sa come usare, come un aereo velocissimo o un missile di ultima generazione e non saperlo guidare…Prima lo guidava lui. E ora? Purtroppo mi accorgo lo lascio quasi sempre nel box. Forse attendendo il giorno che avrò imparato a guidarlo.
Gla ha vissuto così come è morto e come è rimasto in me. Così è stato nella comunità, nel pieno delle sue forze, nella relazione con noi, nella malattia e nella morte.
Presente in modo pieno, gioioso, amorevole (mi scuso per la ripetizione delle parole ma è proprio difficile mettere in parole ciò che ho visto e vissuto con Lui e di Lui).
Quando gli hanno diagnosticato il tumore ai polmoni gli hanno dato pochi mesi di vita lui ha detto che non avrebbe fatto né chemioterapia né operazione e che avrebbe invece meditato. Gli studenti gli hanno chiesto di smettere di insegnare e riposarsi, lui ha detto che non ce n’era bisogno, che era contento di insegnare, non sarebbe morto ora e avrebbe finito di insegnare quel Master Program e quello successivo (mancavano parecchi anni alla fine del Master e in effetti il Master è finito e lui era ancora in vita) . Ha insegnato ancora 7 anni, viaggiato ancora per quasi 7 anni, la tosse è scomparsa, le forze tornate, a parte le ultime due settimane non l’ho mai visto debole, debilitato, fino a che non mi ha detto lui con grande pace e tranquillità: non entra più il cibo dalla gola, non va giù neanche l’acqua, sono sempre stanco. Aveva un gonfiore alla gola e sul collo. Stavo facendo il ritiro di Vayrasattva di 3 mesi allora. E lui era lì sempre a disposizione per ogni mia domanda: c’era quando durante il ritiro sono andata da lui a dirgli “piuttosto che sentire un dolore così forte meglio morire Gla” ( sentivo un forte dolore al cuore in quel periodo durante il ritiro), non so perché. Non mi ero resa conto (almeno non consciamente) che stava morendo Gla. Questo l’avevo pensato 7 anni prima, quando gli hanno fatto la diagnosi, lavoravo da tanti anni per l’ Associazione Nazionale Tumori con malati di tumore e avevo lavorato qualche hanno anche per l’ hospice. Avevo visto così tante persone malate di tumore ai polmoni in pochissimi mesi diventare irriconoscibili ( incluso mio padre diversi anni prima).
In pochissimi mesi loro stessi non si riconoscevano più e morivano dopo un tempo anche breve di dipendenza totale da qualcuno, pieni di morfina, pelle e ossa. Quindi non avevo creduto a Gla quando aveva detto che non sarebbe morto in pochi mesi, ma ora 7 anni dopo, lo avevo visto “guarire” riprendere a insegnare, viaggiare, ormai ero convinta del contrario, era stato così incredibile vedere che senza chemioterapia, senza operazione, dopo 7 anni stava bene, era andato a Milano (1 mese prima di morire) a dare insegnamenti…Ormai ero convinta che Gla poteva, così come dicono i testi quando nominano praticanti di meditazione che hanno un altissimo livello di pratica (non è applicabile alla maggioranza di noi), scegliere e guidare la sua vita, la sua malattia e la sua morte, e quindi immaginavo sarebbe morto molto più avanti nel tempo ,ormai, mi accorgo, in profondità quella era la convinzione. Eppure, in ritiro ( facevamo il ritiro a 50 metri dalla sua casetta), una sera, durante un temporale ho sentito un tuono molto forte, in quell’istante mi è arrivata la memoria chiara del momento della morte di mio padre e il pensiero ”Gla, non ce a facciamo”. Pensavo ai progetti, alle idee per il bene di tanti, che avevo condiviso con lui,esco dalla sessione del ritiro e mi dicono che hanno portato Gla all’ospedale, si è lasciato convincere, mi dicono. Solo qualche giorno prima la monaca tedesca ( che era anche medico in Germania) che guidava il nostro ritiro era tornata dalla casetta di Gla molto scossa: ”Gla non mi ha mai trattato in modo così duro, stavamo insistendo perché Gla andasse all’ospedale a fare una tac ma lui si è opposto”. La monaca diceva che giorni prima lui era stato come sempre molto morbido e accogliente “ma Gla tu soffri” gli diceva lei, e lui rispondeva “Io, soffrire? No” – e lei di nuovo “lo so che tu soffri, Gla conosco queste malattie…tu senti dolore “ e Gla “ Ah dolore fisico, si quello si, soffrire no” .
Annamaria, una delle sue discepole, studentesse e traduttrici più vicina a lui da sempre, mi ha detto poco tempo fa che Gla gli aveva detto ”il Dalai Lama vuole che io muoia qui, nella mia stanza, con la porta aperta, davanti a tutti (lui avrebbe voluto andare in ritiro, mi dice Annamaria) .
Qualcuno mi ha raccontato dopo che la tac (ma non ho visto cartella clinica e non posso sapere se è vero) ha mostrato che il tumore originario ai polmoni era rimasto della grandezza di 7 anni prima e che probabilmente le cause di morte sono state altre, legate ad un insieme di cose che si sono accumulate lì in quei giorni durante le cure e indagini ospedaliere nel suo quadro clinico generale fragilissimo ( diabete, reni molto deboli che facevano fatica a smaltire qualsiasi liquido,ecc ecc) .
Mi hanno raccontato (io ero in ritiro), che la notte nella quale Gla è morto continuava a chiedere l’ora… e ad un’ora precisa si è messo nella posizione di meditazione ed è morto. Mi hanno detto che poi guardando sui testi quella era l’ora in cui si consiglia il passaggio per i grandi praticanti Tantrici. Aveva ancora le gambe incrociate (anche se l’avevano disteso) quando sono andata la mattina alla camera mortuaria dell’ospedale, si erano bloccate così. I testi di Buddismo Dzochen e Tantra, i Maestri e tanti altri sostengono che il momento della morte è un momento molto particolare ed essenziale per la nostra evoluzione spirituale. Le azioni e lo stato mentale che abbiamo in questi momenti di grande cambiamento (anche in vita) sono decisivi per la situazione nella quale ci troveremo poco dopo. “Come l’ultimo passo ( fatto o non fatto ) prima di un precipizio” scrive Sogyal Rimpoche nel suo “ Libro Tibetano del Vivere e del morire” di cui consiglio la lettura. Secondo il buddismo è un momento nel quale la nostra vera natura, ciò che profondamente siamo ma quasi tutti noi non riusciamo a riconoscere, emerge con forza e quindi è un’ottima occasione per evolvere, ottenere l’illuminazione se la si sa riconoscere. Ma per la maggiora parte di noi così come non la riconosciamo in vita anche nella morte non metteremo a fuoco. Se però in vita, attraverso pratiche meditative particolari ci si è allenati a riconoscere la nostra natura più profonda di vacuità e la chiara luce allora quando emerge al momento della morte i grandi praticanti possono rimanere in assorbimento meditativo sulla chiara luce e usarla per ottenere l’illuminazione. E’ questo che accade, secondo i testi, quando il corpo di un praticante non si decompone per giorni: la mente è ancora nel corpo anche se viene diagnosticata la morte clinica e gli altri Maestri sostengono che questo è quello che è accaduto a Gheshe Ciampa Ghiatso in quei 7 giorni e a Tulku Ghiatso (vedi nella foto) qualche anno dopo.
Ho scoperto che alcuni tibetani esperti di queste cose hanno metodi molto pragmatici per scoprire se il praticante morto clinicamente sta meditando o no, l’ho visto con i miei occhi: parecchi giorni dopo la morte di Tulku Ghiatso, ( Maestro del centro di Firenze che è morto davanti a tutti al centro e poi il suo corpo è rimasto 9 giorni senza decomporsi e fare nessun odore -stavamo in meditazione con lui nella stessa stanza e non si sentiva nessun odore) , gli assistenti di Tulku Ghiatso, Jimpa a Sonam sono entrati nella stanza, c’ero quasi solo io a quell’ora del mattino nel centro (sono stata lì quasi tutto il tempo) : hanno tolto il pezzo di stoffa che era sul viso di Tulku Ghiatso(che dopo quasi 9 giorni era identico al momento della morte ho potuto vedere!) , aperto il vestito da monaco di Tulku al petto e hanno messo del burro solido sul cuore. MI hanno detto che se Tulku Ghiatso era ancora in meditazione il burro si sarebbe sciolto con una certa velocità (che loro conoscono) altrimenti più lentamente. Perché se la mente è ancora nel cuore in meditazione c’è un pò di calore in quella zona. Mi hanno detto che era necessario fare questo test, perché appena Tulku avrebbe interrotto la meditazione il corpo si sarebbe decomposto molto velocemente e si sarebbero dovuti chiamare velocemente per motivi igenici chi si occupa di questo.
Il medico legale veniva comunque a controllare ogni giorno. Perché sia per la morte di Gheshe Ciampa Ghiatso, sia in quella di Tulku Ghiatso, non siano stati chiamati scienziati che potessero misurare con i parametri della scienza occidentale quello che stava avvenendo non so. So che probabilmente queste due morti sono state volute in occidente perché rimanesse in qualche modo testimonianza di questo (il Dalai Lama ha invitato gli scienziati a ricercare e testare durante la morte di questi grandi praticanti ma fino a qualche anno fa non ci sono mai state le condizioni affinché gli scienziati potessero trovarsi in India in tempo con tutte le loro strumentazioni al momento della morte di uno di questi praticanti, ora non so).
Se seguo il mio intuito e il clima di quei giorni immagino che le difficoltà siano state prima di tutto organizzative e legali e che nella difficile gestione di un tale straordinario evento sia stata data la precedenza alla meditazione del praticante (Tulku Ghiatso e Gheshe Ciampa Ghiatso) piuttosto che a possibili “disturbi” di scienziati non esperti in queste cose ( il corpo non deve venire toccato se non in un certo modo o in certe parti ecc) o al rischio che se si spargeva la voce, pur avendo avuto permessi dai medici (anche quelli legali che controllavano la situazione giornalmente per assicurarsi che non ci fossero problemi di igiene ecc) e dai rispettivi sindaci, se lo avesse saputo la stampa…( che è stata appositamente depistata mi dicono) allora si sarebbero potuti avere problemi sia per tenere il cadavere tenuto così a lungo prima della cremazione sia per quest’ultima che nel caso di Gheshe Ciampa Ghiatso è stata fatta nel giardino dell’iltk ,cosa non legale in Italia ma è stato dato un permesso speciale, la stampa il giorno dopo ha parlato di miracolo in questo senso: per la prima volta in Italia era stato data l’ok a quel tipo di procedura per rispetto e in onore a Gheshe Ciampa Ghiatso .
Potrei aggiungere tantissime cose come il giorno (di Lama Tzonk Kapa) che sia Gla che Tulku hanno scelto per fare il passaggio, la relazione di Gheshe la con il suo Maestro e i suoi discepoli ( pare che sia stata solo grazie a questa che Gla ha interrotto su richiesta la meditazione ed è stato possibile bruciare il corpo) i movimenti del braccio di Tulku Ghiatso, in coma profondo (i medici ci avevano assicurato che non poteva esserci movimento, in assoluto non potevano esserci movimenti coscienti, perché il sangue dell’ictus aveva già distrutto quasi tutto il cervello eppure tutti noi abbiamo visto che durante le Lodi a Tara, che era la sua pratica principale, la mano di Tulku Ghiatso nella quale teneva il Mala si è alzata con il Mala per andare dove andava di solito durante questa preghiera quando Tulku stava bene- davanti al cuore mentre granava il mala- e riappoggiarsi lungo il fianco sinistro dove era pochi minuti prima solo alla fine delle Lodi a Tara. Il gesto era morbido e calmo, come sempre durante la sua vita.
Potrei ancora parlare della coincidenza della visita del Dalai Lama durante la morte di Gla in Italia, dei medici dell’ospedale strabiliati sia per la durata della malattia di Gla, che per il suo comportamento sia durante la malattia che nella morte tanto che hanno dato il permesso di portare all’iltk il corpo il giorno dopo la morte e tanto altro…
Spero che questa sospensione delle informazioni dovute allo spazio (c’è sempre un inizio e una fine) possa risuonare come un invito e da parte mia un augurio che chi ha sentito interesse ad approfondire possa farlo tramite i testi e la conoscenza di Maestri così tanto umani e nel mondo che ci sembrano di un altro mondo.
Nel week end del 1-3 Novembre 2013 all’Istituto Lama Tzong Kapa ( www.iltk.it ) Silvia Bianchi terrà un seminario residenziale sulla consapevolezza della morte, meditazioni sugli stadi del morire e come integrarlo alla vita quotidiana. La vita può acquista più valore e senso anche grazie a questa consapevolezza. Vedi anche www.silviabianchi.com
Il week end del 1-3 Febbraio 2014 all’iltk :
“accompagnamento alla morte e supporto ai famigliari, elaborazione del lutto”
Altri 2 seminari esperienziali sulla consapevolezza della morte,meditazioni sulla morte ed elaborazione del lutto saranno a Milano 8-9 Febbraio e 8-9 Marzo 2014.
www.silviabianchi.com