Capitano Ultimo, La Vera Lotta alla Mafia
Quand’è che un combattente diventa eroe?
Gli eroi sono le persone che riescono a donare loro stesse per gli altri senza volere nulla in cambio. Lascio ai filosofi e agli opinionisti altre valutazioni. Personalmente, sono legato alle cose semplici, alle battaglie di tutti i giorni.
Qual è la più grande battaglia da combattere oggi in Italia?
Credo che il problema reale sia creare produttività, garantire la sopravvivenza a chi non ha nulla, stare accanto ai malati e ai deboli.
Che messaggio vuole dare alle nuove generazioni?
Di ribellarsi, di lavorare per un mondo nuovo, lontano dall’ingiustizia, dalle leggi del lavoro e del potere. Le uniche regole ad avere un senso sono quelle di Gesù e San Francesco: parola ed esempio. Tutto il resto è solo chiacchiere e giochi di potere.
Nella riserva in cui sorge il suo centro d’accoglienza, si tengono corsi di falconeria, il falco è un animale a cui lei è molto legato.
Da dove nasce questa grande passione?
Tempo fa sono stato male. Avevo frequenti dolori. Venivo spesso ricoverato in ospedale ma nessuno capiva. Parlavano di malattie rare. Una notte sognai i falchi venirmi incontro. Mi sfioravano il viso, come una pioggia buona, di carezze.
Compresi che era il mio amico Ronnie Lupe, capo della tribù delle bianche montagne, con lui avevo trascorso del tempo anni prima. Mi diceva: «Guarda questi falchi, sono tuoi amici, ti cureranno loro».
Il falco che mi aveva accarezzato il viso in sogno era un astore. Tempo dopo chiesi di partecipare a un corso di falconeria. La prima volta che ne presi uno in mano per farlo volare stetti benissimo.
Volando il falco porta il tuo cuore sopra le nuvole, mostra ciò che gli occhi degli uomini non potranno mai vedere.
Le prove che ha dovuto affrontare sul piano professionale e umano l’hanno in qualche modo cambiata?
Il tempo modella pietre e persone, ma non le cambia, pur lasciando segni, rughe e cicatrici. Tu rimani sempre ciò che sei. Ferito, ma libero. La luce nei tuoi occhi non cambia mai.
Quanto valgono libertà e amore, rapportandoli ai sacrifici necessari a ottenerli?
La libertà ce l’hai e basta. È nei tuoi occhi. Ti impedisce di diventare servo e schiavo. Vale la pena farlo solo per amore del proprio popolo. Libertà e amore sono tutto: splendore, poesia, profumo della vita. Valgono mille anni di prigione. Sono dignità umana e luce, possono spingere un giovane a ribellarsi, non per il potere, ma contro ambizioni ed egoismi. Così da creare un mondo più bello, fatto d’Amore e Libertà.
Cosa l’ha portata a stare dalla parte degli ultimi?
Il pensiero che questa sia la vera legalità. È come decidere di non calpestare un fiore, di non recidere una rosa, di non girarti dall’altra parte quando un mendicante ti chiede pietà, aiuto.
Quando ha bisogno di te.
L’indifferenza è un reato. Il codice non lo prevede, ma la nostra giustizia di strada combatte per questo.
La voce dei suoi uomini
Una grande personalità naturale, un trascinatore: è così che i suoi uomini definiscono Capitano Ultimo. Un modo di operare che coincide con un modo di essere. Vivere e lavorare con lui è volare Sulle ali della libertà. «
Una libertà personale, ma anche una missione contro ogni forma di oppressione esercitata su una comunità. Prima tra tutte la mafia. È il seme e insieme la radice, diventa fonte di volontà, spinge a combattere».
Gli uomini della squadra di Ultimo rappresentano un’eccezione. Sono voci fuori da ogni coro e, nel bene e nel male, attirano l’attenzione.
Dalle loro parole comprendiamo la forza del messaggio di cui sono portatori: «Quando vivi determinate realtà e condividi certe esperienze, interiorizzi sofferenze che inevitabilmente, ti segnano come cicatrici indelebili. Per fortuna abbiamo grandi famiglie e compagne equilibrate che ci aspettano sempre, anche quando non arriviamo mai. Grandi persone che hanno saputo starci vicine, sostenendoci. Facendosi carico del nostro ruolo di padri assenti. Dandoci la serenità necessaria, comprendendo che il lavoro era un discorso solo nostro. Intanto che i figli e i problemi crescevano. Anche in questo si è vista la grande capacità del Colonnello di creare un gruppo omogeneo.
È stato il punto di forza delle nostre azioni ma anche delle nostre vite».
Una squadra che è più simile a una tribù, che contrasta la criminalità, e rinnova la società, auspicando un ritorno all’essenziale.
«Se per esempio oggi dovessero rinascere le Brigate Rosse, saremmo completamente impreparati. Occorre un’esperienza di gruppo, riscoprire azioni classiche come il pedinamento.
Forse si dovrebbe tornare alle vecchia formazione e tecnica. Sarebbe anche auspicabile un rapporto di fiducia con i magistrati, ormai inesistente. Per come stanno le cose, devi stare molto attento, è raro trovare persone in grado di comprendere, condividere, avere fiducia.
La magistratura ha un po’ il ruolo di primadonna, e il protagonismo non sempre è buona cosa. Speriamo in un’inversione di tendenza, e che le istituzioni imparino a riconoscere gli uomini di valore. Oggi ci sono finte personalità, tra magistrati e investigatori. Gente a cui non importa nulla del loro ruolo. Certe cose non le puoi imparare da nessun libro. Come la forza motivazionale che viene dall’ascoltare, incontrare, appropriarsi di determinati meccanismi.
Mancano gli esempi. Bisogna formare nuove leve. Insegnare ai giovani, trasmettere il mestiere, come avveniva con i garzoni di bottega. Questo è ciò che fa Ultimo, comunica agli altri la passione, la grande forza interiore, la volontà, l’amore, che è la base di tutto. Costruire il rapporto umano attraverso i valori è la strada maestra che ogni cittadino deve seguire. Fai quello che devi, fallo bene e la società cambierà. C’è uno smarrimento generale a qualsiasi livello.
Dovremmo ritrovare la strada che abbiamo perso. Utilizziamo ambienti di lavoro super informatizzati, ma non sappiamo come si chiama il collega. Manca il rapporto umano.
Il progresso dovrebbe servirci, non renderci schiavi.
Ultimo è stato il primo a usare la tecnologia, ma ha sempre privilegiato il rapporto tra le persone e la condivisione. Lui fa e basta, senza secondi fini. È il suo tratto caratteristico. Se compie un’azione, non pensa di avere in cambio qualcosa, ma solo perché crede sia giusto».