Buddhismo e Antispecismo
Dall’esperienza di Laura Maccarone, medico veterinario antispecista
di Laura Maccarone
Ho incontrato il Dharma (gli insegnamenti del Buddha) circa 11 anni fa.
Mi ero avvicinata con curiosità ma anche con molto scetticismo, da atea convinta e con alle spalle una formazione scientifica che non lasciava spazio a nulla che non fosse dimostrabile e logico. Fin dal primo insegnamento che ho ascoltato dal maestro Ghesce Ciampa Ghiatzo all’ Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia, sono stata colpita da queste cose: la logica di ogni affermazione, l’assenza di dogmi, l’assenza di proselitismo, l’immensità dei trattati e studi filosofici che sono alla base anche del più semplice insegnamento, ma soprattutto dalla considerazione data agli animali non umani. Era la prima volta che sentivo tanto parlare di animali in un ambiente “religioso”, dato che nella dottrina cattolica sono pressoché ignorati.
Molti di voi ricorderanno la scena del film “Sette anni in Tibet” in cui gli scavi per la costruzione di un cinema a Lhasa vengono interrotti per la presenza di lombrichi nel terreno. Gli operai si rifiutavano di andare avanti con i lavori per non ucciderli, dicendo: “sono nostre madri”. Questo è uno degli insegnamenti fondamentali del Dharma: tutti gli esseri sono stati nostre madri. Come è possibile?
Essendo nel ciclo di nascita e morte (samsara) da tempo senza inizio (dato che nulla si crea e nulla si distrugge) siamo nati innumerevoli volte, non solo come esseri umani ma anche come animali. Ogni volta che siamo nati abbiamo avuto una madre umana o non umana che si è presa cura di noi al meglio delle sue capacità, e nelle nostre rinascite animali ha spesso rischiato la sua stessa vita per difenderci. Tutti questi esseri, nostre madri, li incontriamo tutti i giorni, in forma umana e non umana, e data la gentilezza e l’amore che hanno avuto per noi nelle vite passate, meritano da noi ogni cura e rispetto.
Nel buddhismo, come in altre religioni, uccidere è considerata un’azione negativa, ma il “non uccidere” viene esteso anche agli animali non umani, dato che tutti gli esseri, anche i più piccoli hanno in sé la natura di buddha e un giorno lo diventeranno.
In ogni insegnamento i maestri parlano degli animali, delle loro sofferenze, della loro paura. E’ rimasto famoso un episodio in cui Lama Zopa Rimpoce (attuale guida spirituale dell’FPMT) al termine di un insegnamento si accorse che erano entrate delle formiche nel tendone sotto il quale si teneva l’incontro; così dopo cinque ore di insegnamento, gli studenti ed i monaci ne passarono altre due per portare fuori le formiche che rischiavano di essere schiacciate dalla folla.
La liberazione degli animali dal pericolo della morte è considerata proprio una delle pratiche spirituali più potenti: vi sono enormi benefici che derivano da questa azione (gli amici che la praticano si rallegrino!). Gli animali (insetti, crostacei, pesci, topi, lombrichi, uccelli, mammiferi ecc..)non solo sono liberati dal pericolo di essere uccisi ma vengono accompagnati in luoghi sicuri, lontani dai loro nemici naturali. Prima della liberazione, vengono recitati per loro dei mantra e dei Sutra con gli insegnamenti per la comprensione della vacuità (il modo di esistere di tutti i fenomeni); anche se non comprendono le parole, rimane un’impronta nella loro mente che sarà il seme per le loro realizzazioni future. A questo proposito viene spesso raccontata la storia di un piccione che viveva nella grotta del pandita Vasubandhu: questi era solito recitare gli insegnamenti ad alta voce. Quando il piccione morì, rinacque come essere umano e, dopo aver ritrovato il suo maestro, divenne monaco e scrisse quattro trattati proprio sugli insegnamenti che aveva ascoltato quando era piccione.
Riguardo agli animali che vivono con noi, i maestri suggeriscono di dare loro nomi di Dharma o addirittura di chiamarli proprio con dei mantra, in modo che questi suoni si fissino nella loro mente beneficiandoli. In altre religioni forse sarebbe considerato blasfemo, ma gli animali che vivono con i buddhisti hanno spesso nomi sacri, a volte i nomi degli stessi Buddha.
La consapevolezza delle rinascite, del fatto che siamo tutti esseri senzienti in cerca di felicità e che rifuggono la sofferenza, tende ad annullare le distanze create dallo specismo.
Ghesce Thubten Soepa nel suo “Asserzioni tratte dai Sutra in merito al mangiare carne” scrive così:
Sebbene non vi sia differenza tra la nostra carne
e quella degli altri, abbiamo vagato per lungo
tempo concependo tale distinzione.
Il Buddha afferma: ” Poiché il Dharmakaya,
il reame di tutti gli esseri, è un solo reame,
mangiare la loro carne è sfavorevole.
La cosa interessante è che non solo negli insegnamenti troviamo molte affermazioni sulla negatività che comporta l’uccisione degli animali ed il nutrirsi dei loro corpi, ma addirittura in un Sutra si parla di un uomo che si sacrifica per la salvezza di un animale non umano. E’ un famoso capitolo del Sutra della Luce Dorata in cui viene narrata una delle vite precedenti del Buddha: il giovane principe Grande Essere che decise di offrire il proprio corpo per salvare una tigre che stava morendo di fame assieme ai suoi cuccioli. La compassione che generò alla vista della sofferenza dell’animale, non solo gli permise di anteporre la salvezza di un altro essere all’attaccamento per il suo corpo, ma diventò lo strumento per la propria realizzazione spirituale.
Personalmente posso dire che proprio grazie alla pratica del Dharma ed alla meditazione sui due pilastri fondamentali degli insegnamenti: la compassione e l’interdipendenza, sono diventata prima vegetariana, poi vegana e antispecista. Penso che il Dharma e la pratica della meditazione possano offrire molto all’antispecismo ed agli attivisti; sia nell’immediato nella gestione dello stress derivante dalla quotidiana esposizione alle enormi sofferenze degli animali non umani, sia a lungo termine nel favorire la nascita di una società non violenta.
Gli insegnamenti sono rivolti e fruibili da tutti, non solo buddhisti, lo stesso Dalai Lama auspica che possa formarsi al più presto una cultura di pace basata su un’etica laica.