Tibet: nasce una nuova opposizione
Piero Verni testimonia la nascita di una opposizione radicale tibetana alternativa alla “Politica della Via di Mezzo” del Dalai Lama.
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Piero Verni testimonia la nascita di una opposizione radicale tibetana alternativa alla “Politica della Via di Mezzo” del Dalai Lama.
Mentre sto scrivendo queste righe (3 ottobre 2007), la salma del giornalista giapponese Kenji Nagai fa il suo mesto ritorno all’aereoporto Narita di Tokyo per essere presa in consegna dalla famiglia. Il 28 settembre una pallottola sparatagli a bruciapelo da un soldato birmano, aveva letteralmente spappolato il cuore del cinquantenne video-cronista della APF News che stava filmando e fotografando la brutale repressione di una manifestazione di protesta nei pressi della Sule Pagoda di Rangoon (Yangoon).
Kenjii Nagai è una delle decine, forse centinaia, di vittime di due settimane di manifestazioni e cortei contro la giunta militare che governa da decenni con pugno di ferro la Repubblica di Myanmar (l’antica Birmania così ribattezzata dai generali in segno tangibile di rottura con il passato coloniale della regione).
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Quella che nelle intenzioni di Pechino doveva essere una giornata gloriosa per il regime, una vetrina dei suoi successi commerciali e politici, un successo propagandistico senza precedenti (in barba a tutti quelli che ci propinano in continuazione la lezioncina retorica dello sport che non deve essere politicizzato), si è trasformata qui a Parigi nella più nera delle débâcles. La torcia olimpica costretta a sfilare tra due ali di cellulari di poliziotti in una Parigi in stato d’assedio, due volte spenta e fatta salire su un pulman per proteggerla dalla collera dei manifestanti pro Tibet e dei militanti di Reporter Sans Frontières (RSF). Quello che era stato previsto come il momento principale dell’evento, la cerimonia all’Hôtel de Ville alla presenza dell’ambasciatore cinese, del sindaco di Parigi e di vari notabili del carrozzone olimpico, annullato perché i consiglieri comunali ecologisti avevano esposto alle finestre del Municipio una bandiera tibetana e il drappo nero con le cinque manette al posto dei cerchi olimpici di RSF. La torcia definitivamente spenta e fatta arrivare sul pulman alla sede del Comité National Olympique et Sportif Français (CNOSF), nei pressi dello stadio di Charléty per un’ultima, frettolosa cerimonia di commiato. Come scrive questa mattina (8 aprile) il quotidiano Liberation, “La tappa parigina della torcia olimpica è stata un vero fiasco (per gli organizzatori) e una grande vittoria per tutti gli oppositori del regime di Pechino”. Ma vediamo come è andata la giornata momento per momento.
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