Riflessioni civili e incivili di un babbuino sull’eutanasia
di César
Premessa per il lettore
Egregio lettore
Ti sottopongo questa strana lettera, scritta da un mio amico, una scimmia babbuino. Non ti deve apparire né strano né improbabile, né inaccettabile alla logica, né farti scuotere la testa con disprezzo. La ragione, che conserva il vizio di discernere il bene dal male, latita di fronte agli eventi importanti della vita. César, il mio amico babbuino, conserva, all’opposto, lo stupore della verità. Un bene prezioso. Egli è mezzo uomo; è meticcio. Deve, infatti, la sua nascita a una donna della Malacca e a un babbuino. Stavano per annegarlo, quando fu salvato da un tizio, un francese, che dalla Cina venne a impiantare un suo commercio nella penisola di Singapore. Fu allevato e ricevette un’educazione consona. Mi lega a lui una profonda amicizia e vi narrerà la storia di un pregiudizio. Legato da mille minuzie incomprensibili. A tutte le loro abitudini, in virtù delle quali si fanno quotidianamente più mali di quanti potrebbero causarne tutti gli abusi che vorrebbero prevenire, gli uomini, infatti, hanno aggiunto i pregiudizi. Come quello che condanna il libero arbitrio e la scelta della fine dei giochi. Gli uomini hanno da sempre mode e usi e modi, maniere e toni, un’aria, una gentilezza, riguardi e doveri. Nulla si può violare di tutto questo senza subire una pena; più queste mode sono futili, più sono indispensabili.