FIDUCIA NELL’AMORE di Majid Valcarenghi
Amore. Una delle parole più usate e abusate in ogni campo e dimensione della vita: dal bisogno nei rapporti sentimentali che chiamiamo amore, alla professione di fede nell’umanità, quando magari non siamo capaci di dare fiducia a chi ci sta accanto.
Nella religione o nel matrimonio l’amore rappresenta la più alta manifestazione della manipolazione per possedere l’anima dei popoli o per possedere il proprio partner.
Quanti crimini contro l’umanità vengono commessi ogni giorno nel macrocosmo dei popoli e nel microcosmo delle famiglie? Il bambino per fame d’amore subisce l’inconsapevole ricatto più comune da parte dei genitori “Se fai questo, non ti vogliamo più bene” “Se fai quest’altro ti vogliamo bene”.
Le religioni organizzate hanno sempre professato amore per i poveri, elogiano la condizione di povertà come fosse un valore e non una tragedia umana.
Quanta ipocrisia nasconde la parola amore.
Negli ultimi tempi perfino la politica a volte si ripara dietro la parola amore per coprire gli stupri di verità. La politica, quella stessa politica che pratica l’odio, che trasforma l’avversario in nemico, ha iniziato a rubarci anche il senso profondo di questa parola.
E non mi riferisco ai vecchi politici ma piuttosto ai nuovi. Amore per la grande Madre Terra…quanti amanti, a parole, annovera tra gli umani il nostro Pianeta!
Quando poi nel loro piccolo quotidiano contribuiscono con i piccoli gesti inconsapevoli a inquinare, sporcare con il mozzicone di sigaretta abbandonato a terra, la bottiglia di plastica tra i cespugli, l’acquisto abitudinario al supermercato che perpetua le torture inflitte negli allevamenti intensivi.
Quanti relegano il loro amore per gli animali ai soli privilegiati animali domestici.
Per quanto tempo il piacere del cibo cruento sarà più forte dell’amore per gli esseri viventi? Gran parte della nostra crescita e della evoluzione dei modelli culturali passa da questo interrogativo.
C’è una scala di valori nelle culture del tempo e dei popoli nella storia dell’umanità che è cambiata, tanto e velocemente. La democrazia ateniese, le istituzioni del sacro romano impero praticavano amore e rispetto per i propri simili liberi ma non per gli schiavi, cioè per i vinti, preda di guerra. Secoli dopo schiavi sarebbero diventati i neri, gli africani, i non bianchi.
Ancora nell’ottocento americano esistevano gli schiavi da soma, le schiave da letto, gli schiavi da lavoro sequestrati e deportati dalle loro terre dai mercanti arabi.
Lo schiavismo contemporaneo nella nostra cultura occidentale assume altre forme mediate.
Gli immigrati poveri che si propongono come schiavi salariati, una forza lavoro precaria disposta a tutto per la sopravvivenza. Oggi nella nostra cultura dominante che pone l’uomo al centro dell’universo e gli animali e la natura al proprio servizio, rivive nel profondo la cultura schiavista apparentemente sepolta.
Il nostro modello culturale ipocrita che professa amore per gli esseri viventi e per la natura vissuta come passeggiate nel bosco, trekking, protezione del verde di casa, in realtà ci rende complici di uno sterminio costante e permanente. L’uccisione di un cane o un gatto o di un essere umano viene condannata.
L’uccisione di un altro essere vivente che non rientra nella categoria culturale delle specie protette vigente, rientra nella normale amministrazione.
Anche il linguaggio tende ad ammorbidire la crudezza di questa realtà. La fettina sul piatto non evoca alcuna tortura dei vitellini, le uova da allevamento a terra non fanno pensare agli hangar dove migliaia di galline sono costrette, una attaccata all’altra, a poter muovere solo il collo per mangiare, per 24 ore al giorno, senza aria e luce naturale. Loro non sono esseri viventi ma animali nati e allevati a disposizione dell’uomo.
Esattamente come lo erano anticamente gli schiavi umani. La grande prossima battaglia per l’evoluzione del nostro modello culturale sarà comprendere che uccidere non può essere la norma ma deve costituire un’eccezione per mantenere un equilibrato habitat ed equilibro naturale. Allevare animali da uccidere per nutrirsi può ancora essere tollerato perché non siamo tutti uguali nelle sensibilità e nelle debolezze umane e una società libera deve saper includere anche vizi e debolezze, ma non senza imporre limiti e regole per evitare torture e sofferenze. Incomincia da qui una pratica d’amore per il cambiamento e l’evoluzione del nostro modello culturale.
Il cinese che mangia tradizionalmente, nel suo Paese la carne di cane o di gatto legittimamente ci chiede che differenza c’è tra un gatto e un coniglio o tra un cane e un vitello. L’orrore che proviamo per i suoi costumi nascono dal nostro modello culturale, ma in effetti
non c’è una logica, è la nostra cultura che oggi definisce alcuni animali come domestici e altri da carne. Così come in passato c’erano gli schiavi domestici o da sesso privilegiati che vivevano nelle case dei padroni e gli schiavi da lavoro o da giochi circensi destinati a morire che vivevano in stalle o cantine.
E’ essenziale oggi più che mai includere l’amore nei nostri occhi quando vediamo gli effetti perversi del nostro modello culturale, quando elaboriamo analisi o guardiamo la realtà pubblica o privata che sia.
Amore per noi stessi, amore per l’altro, amore per la natura, amore anche per gli esseri viventi non umani.
Si non dobbiamo lasciare la parola amore a chi ne fa uso improprio e strumentale. Dobbiamo avere la forza e il coraggio di affermare in ogni ambito che la pratica dell’amore è la base di ogni vera trasformazione.
L’amore come presupposto per ogni tipo di cambiamento, l’aspirazione massima per cambiare il mondo, per comprendere l’altro, sia esso un partner o il tuo prossimo nel tuo cammino di vita.
E cioè per cambiare se stessi.
Anche in politica, se non si porta al centro il concetto del prendersi cura del bene comune che è una delle più alte espressioni d’amore, poco potrà cambiare.
Quando l’amore per le proprie idee assume i connotati, nella sua pratica, di odio nei confronti dell’avversario, stimolando gli istinti più bassi delle gente, perde la propria forza. Amore, rispetto, riconoscimento del proprio avversario. Dare fiducia che a volte anche chi non la pensa come noi è capace di insegnarci qualcosa.
Dobbiamo portare nella pratica di vita la “presunzione d’innocenza” anche verso chi pensiamo sbagli.
L’amore ha una forza trasformatrice assoluta. Assumiamola. La forza dell’odio l’abbiamo conosciuta e abbiamo visto i risultati nei rapporti personali così come nelle grandi tensioni collettive.
Diamo fiducia all’amore, guardiamo l’altro con fiducia. Si faranno esperienze negative o deludenti?
Certo, potrà accadere ma molto meno di quanto possiamo immaginare, ma la gioia che si prova quando l’altro risponde amore con amore e fiducia con fiducia è grande. Oltre tutto riportandosi con diffidenza e pregiudizio, alimentando ostilità e negatività non è che si possano poi evitare delusioni ed esperienze di sofferenza e vivere col cuore aperto è molto più bello e nutriente.